domenica 6 settembre 2009

Praga, Dresda e Berlino

I giorni di Praga sono finiti. Ne restano in realtà altri due, dopo una settimana di vacanza a casa. Ma posso dire che difficilmente cambieranno l'idea che della città mi sono fatto nel corso dei due mesi trascorsi lì.
Diciamo pure che, fin dall'inizio, non c'è stata una gran sintonia con Praga e con i suoi abitanti. Ora, lungi da me scadere in generalizzazioni e luoghi comuni. Così come ci sono genovesi generosi, emiliani di destra e napoletani che non suonano il mandolino, ci dovranno pure essere, sono sicuro che ci siano, praghesi che sorridono. Peccato solo non averli mai incontrati.
Di ceco affabile se ne incontra sì qualcuno, ma si scopre di solito presto che viene dalla Moravia del Sud e che i praghesi non gli piacciono poi tanto.
Nella mia prima settimana a Washington, sono andato una volta in un caffè a mangiare e ho chiesto acqua a temperatura ambiente. Quando sono tornato la seconda volta, ricordavano la mia richiesta di qualche giorno prima e sapevano cosa servirmi da bere.
Nel bar dove qualche volta sono andato a vedere le partite, la seconda volta che ci entravo sapevano che ero italiano e tifavo Juve.
Per non parlare dell'Italia, dove alla terza volta saprebbero dove abito, di chi sono figlio, chi frequento e chi ho frequentato ecc.
A Praga, nei primi giorni, ho subito trovato il Cafe Pavlac: a due passi da casa, WiFi gratis, birra a 35 corone (1.35€!), belle insalate e crepes. Ci sono andato con una certa frequenza, sia per piacere che per necessità quando la connessione Interne a casa non funzionava. Ho distribuito sorrisi e mance e ci ho passato ore. Le cameriere del Cafe Pavlac ancora non sanno, quando mi vedono, che non parlo ceco e ho bisogno di un menu in inglese.
In particolare, di una si dice che abbia sorriso l'ultima volta nel 1993, ma alcuni sostengono si trattasse di una contrazione involontaria.
Non voglio azzardare ipotesi sulle ragioni di questa mancanza di sorriso dei praghesi, se siano ferite della Storia o il freddo, la magia nera o questa abitudine locale di trasformarsi in insetti da un giorno all'altro. Dirò solo che questa è l'impressione che io ho avuto in questi due mesi.
Ovviamente, nulla da dire quanto allo splendore architettonico e al fascino indiscutibile Praga.

Sarà stato per il confronto con i cechi, ma nel fine settimana passato a Berlino, i tedeschi (no, dico, te-de-schi!) mi hanno trasmesso il calore e l'accoglienza di un popolo mediterraneo.
La mia prima esperienza in Germania non era stata altrettanto positiva a dire il vero. Il poliziotto tedesco, sul treno per Dresda, con una divisa di un verde orribile e la piccola testa paffuta in cima a un corpo tozzo e grasso, ignorando la clemenza (flessibilità?) del suo collega, si gira e rigira nelle mani sudaticce la mia patente di guida. "Da qui non posso sapere che sei italiano". Va bene, hai ragione splendido esemplare di pura razza ariana, ma... sono qui con tutta la mia famiglia, tutti con documento di identità, tutti italiani. Andiamo a Dresda per un giorno e entro sera siamo fuori dalla Germania. Niente da fare, si intasca il mio documento e se ne va: "Ritorniamo appena arrivati a Dresda". E a Dresda torna, ancora più sudato, comincia a telefonare a qualche superiore per chiedere come comportarsi. "Ja, ja... ja...". Chiude il telefono e sentenzia "Questo documento non va bene. Per questo errore dovrai pagare 25 €". Il treno arriva e scendiamo, la scena continua sul binario.
"Adesso, dovrai andare a richiedere un pass di emergenza alla stazione di polizia". I rivoli di sudore si moltiplicano quando gli chiedo a cosa mi serva questo pass. "Ti serve, è un pass di emergenza. Ma per me 25€... e per me bene", nel suo inglese stentato. Va bene, poliziotto tedesco, tieni 25€ e lasciami andare a visitare Dresda in pace.

A Berlino passo invece un fine settimana.
Giro Berlino in bicicletta e mi ritrovo in un grande parco dove la gente spontaneamente si raccoglie per suonare, giocare, fare murales, esibirsi in numeri di giocoleria. Quella che era Berlino Est è oggi probabilmente la parte più interessante e viva della città. Lì ci trovo una mostra, allestita in una centrale elettrica dismessa (e di cui la parte più interessante è in effetti la centrale di per sè, con la vecchia "stanza dei bottoni").
Sotto la porta di Brandeburgo ci si può fare la foto coi soldati, uno americano e uno russo (ma anche con Arlecchino, qualche personaggio di Startrek etc...). Mentre a Checkpoint Charlie potete rifocillarvi da Snackpoint Charlie oppure informarvi per un viaggio in Repubblica Ceca nell'ufficio informazioni Czechpoint Charlie. Insomma, come avrete capito, questi sono i luoghi in cui il turista detta legge e da cui, ovviamente, io mi sono limitato a passare velocemente.
Camminare dove un tempo sorgeva il Muro dà una certa emozione, mentre vedere che sotto la scritta "Alexander Platz" campeggia oggi quella "McDonald" fa pensare ai lati positivi del vecchio Mondo diviso in due.
Berlino è una città brulicante di gente e con una intensa vita culturale, splendida da visitare, ma anche intrigante da viverci. Bisognerebbe però ritornarci d'inverno e vedere se sotto lo zero mantiene la stessa vivacità...

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