mercoledì 30 aprile 2008

Ahimsa fra Osama e George W.

Traduco e riporto un interessante articolo che ho trovato sul sito www.gandhiserve.org, pubblicato dal giornale indonesiano Jakarta Post.

Secondo l'artista As Kurnia il Mondo ha bisogno di uno spazio fra Osama Bin Laden, l'icona del terrorismo globale, e George W. Bush, il principale sostenitore della "guerra al terrore".
Questo spazio, dice, si chiama "non-violenza"; è dove l'aggressione violenza è domata non con la ritorsione vendicativa, ma con la resistenza passiva.
Kurnia, nato a Samarang e residente a Bali, scegli l'illuminato Sidharta Gautama come simbolo di questo spazio tranquillo e pacifico.
In quest'opera intitolata "Space", Kurnia colloca la statua raffigurante la testa di Buddha fra i ritratti in bianco e nero del barbuto Osama e del beffardo Bush.
"Bush e Osama sono diventati simboli di violenza. Abbiamo bisogno di un uomo, come Buddha, che occupi uno spazio fra i due", ha dichiarato l'artista al Jakarta Post in occasione dell'apertura di una mostra di arte visuale intitolata "Ahimsa" a Jakarta.
Nove pittori, tutti balinesi tranne Kurnia, partecipato all'esibizione che si è aperta giovedì scorso e si chiuderà il 4 maggio.
Ahimsa è una parola in Sanscrito che significa "non-violenza", che sta a fondamento delle religioni Hindu e Buddista. Fu resa famosa dal politico, pensatore e santo indiano Mahatma Mohandas Gandhi, che la usò come tattica per frustrare e porre fine al regime coloniale britannico.
L'insegnamento di "ahimsa" può in effetti ritrovarsi in ogni religione, compresi l'Islam e il Cristianesimo, che sono professate dalla maggioranza della popolazione mondiale, compresi Bush e Osama.
Ma anziché portare pace, molti seguaci di queste due fedi hanno più volte provato di essere le persone più violente della storia, spargendo sangue nel nome della virtù.
"Spesso si pensa che la violenza sia 'cruenta e fisica'. Ma se rintracciamo le radici della violenza, scopriamo che il 'cruento e fisico' nasce in realtà dalle idee, dalle ideologie, dai pensieri e dalle fedi", scrive l'attivista balinese Putu Wirata Dwikora sull'introduzione al catalogo della mostra.
La raffigurazione della violenza di Kurnia in "Space" forse è troppo ovvia e distante. La distruzione, la coercizione, la forza, la costrizione e tante altre forme di violenza sono molto vicine e diffuse nelle nostre stesse fragili vite, anche se può darsi siano molto meno scontate che far saltare in aria edifici e aeroplani.
Molti di noi sono stati esposti alla violenza fin da piccoli, probabilmente senza neanche rendersene conto.
Ketut Sugantika Lekung, diplomato al Denpasar’s Indonesian Art Institute, dice che a molti è stato insegnato a conservare i propri risparmi in salvadanai a forma di animale da piccoli, per poi romperli una volta riempiti di soldi.
"Vedi, anche questa è violenza. Rompere il tuo salvadanaio a forma di maiale è un'espressione di violenza", dice il 32enne la cui opera "Make a Wish" (esprimi un desiderio) meravigliosamente coglie l'ironia dei teneri salvadanai a forma di tartaruga, maiale e pollo, allineati come nell'attesa di essere brutalmente spaccati da un martello o sbattuti per terra.
Anziché prendersela con le idee come radici della violenza, A.A. GD Darmayuda, con i suoi lavori "Ups.....!" and "Sto...p!", dà la colpa agli esecutori. Lo spesso sfondo nero della sua pittura a olio drammatizza l'immagine ingrandita di un pugno arrabbiato e offensivo pugno fermato dal morbido palmo di una mano femminile.
"Il personaggio maschile di solito è associato a violenza, mentre quello femminile è associato a non-violenza, che neutralizza la controparte maschile" dice.
Gli altri pittori cercano di esplorare esteticamente il lato violento del Mondo con i loro dipinti; alcuni sono allusivamente poetici, altri schiettamente satirici.
Wayan Kun Adnyana con il suo lavoro "Side of Nature" descrive la nostra ostilità alla natura o la nostra inclinazione parassitica ad essa, per essere più precisi. "Kekalahan", l'opera di Nyoman Poleng Rediasa, mostra il prevalere della violenza sessuale contro le donne mettendola in relazione con conflitti epici ritrovati nella maggior parte delle tradizioni religiose.
La mostra non è un'esibizione di violenza, ma gli artisti riescono a raffigurare la brutalità del Mondo moderno che vediamo, sentiamo, e leggiamo ogni giorno nei giornali, su Internet, in radio e in TV.
Kurnia, il più affermato, nonché unico artista che usa nella mostra non usa la tela, nota che molte persone sono state e continuano ad essere vittime della fame.
La sua opera "Monumento per la Fame" ci ricorda che Urip Tri Gunawan, il procuratore arrestato perché si dice abbia accettato una mazzetta, e un lavoratore immigrato vittima di soprusi non sono diversi: sono entrambi vittime della fame. Questo è simbolizzato da Kurnia tramite la sua installazione di un pacco di riso al vapore incartato in sottile carta marrone, di solito distribuito per beneficenza ai poveri.

Le radici della violenza risalgono alla nostra infanzia, ad antiche tradizioni, religioni e forse, citando lo scienziato ateo Richard Dawkins, ai nostri "geni egoisti".
Il filosofo inglese Bertrand Russel disse una volta: "Il segreto della felicità sta nell'affrontare il fatto che il Mondo è orribile, orribile, orribile". Ma forse quello di cui oggi il Mondo ha bisogno è ciò che Kurnia suggerisce: uno spazio per la non-violenza.

2 commenti:

Francesca ha detto...

Molto bello questo articolo e molto interessante...
Aimsha... Shanti... Sathya...
Francesca

Anonimo ha detto...

Ma quello della non violenza non può essere uno spazio TRA Osama e Bush! Non credi?
Enzo